mercoledì 22 ottobre 2014

Da quando ci sei tu (Fall Away #1.5) di Penelope Douglas, estratto in anteprima

Buenos dias! Come state lettori? Rieccomi sul blog a parlare di una creazione di Penelope Douglas. In questo caso vi parlerò di un romanzo ancora inedito in Italia e che dovrebbe uscire a Febbraio 2015, dalla casa editrice Newton Compton. "Until you", un romanzo della serie Fall Away, narrante gli avvenimenti di "Mai per amore" dal punto di vista di Jared. Al momento si conosce solo il titolo italiano, che sarà "Da quando ci sei tu". Per sapere una data precisa e l'immagine di copertina, dovremo aspettare ancora a lungo. Ma, per rendervi meno pesante l'attesa ho deciso di postarvi un ESTRATTO IN ANTEPRIMA, che mi sono permessa di tradurvi.
L'estratto contiene il prologo del romanzo e parte del primo capitolo. Vedremo il primo incontro tra Jared e Tate e il risveglio di Jared il giorno della partenza di Tatum per la Francia.
A questo punto non mi resta che augurarvi buona lettura!
 
 
Titolo: Da quando ci sei tu
Autore: Penelope Douglas
Titolo originale: Until you
Editore: Newton Compton
Serie: Fall Away #1.5
Data d'uscita: Febbraio 2015
 
Trama:
Siete mai stati così arrabbiati che colpire qualcosa vi faceva sentire bene? O almeno così insensibili da sentirvi addirittura forti? Gli ultimi anni sono stati così per me. Passando dalla rabbia all'indifferenza senza fermate intermedie. 
Alcune persone mi odiano per questo, mentre altri hanno paura di me. Ma nessuno di loro può farmi del male, perché non mi importa di niente e di nessuno. 
Tranne di Tatum. 
La amo così tanto che la odio. Eravamo amici, ma ho scoperto che non potevo fidarmi di lei o di nessun altro. 
Così le ho fatto male. L’ho allontanata. 
Ma ho ancora bisogno di lei. Il vederla mi colpisce, e posso indirizzare tutta la mia rabbia verso lei. Attaccarla, sfidarla, umiliarla... è il mio cibo, la mia aria, e l'ultima parte di me che si sente umana. Ma lei se n’è andata. È andata in Francia per un anno, ed è tornata una ragazza diversa. 
Ora, quando sono prepotente, lei mi tiene testa.
Estratto:

Prologo
 
Il mio nome è Jared.
Il mio nome è Jared.
Il mio nome è Jared.
Continuavo a ripetere più e più volte, per provare a far smettere il mio cuore di battere così velocemente. Volevo andare e incontrare i nuovi vicini, ma ero nervoso. C'era una ragazza che viveva accanto ora – probabilmente di dieci anni, come me – sorrisi, quando vidi che indossava la salopette, un cappellino da baseball rosso e le Chuck. Le altre ragazze del mio quartiere non si vestivano in quel modo, e lei era bella, troppo. Mi appoggiai al mio davanzale, controllando la casa accanto, ora viva di luce e musica. Nessuno aveva vissuto lì per un lungo periodo di tempo, e anche prima di allora vi erano solo anziani. Un grande albero si trovava tra le nostre case, ma potevo ancora vedere attraverso le foglie verdi. «Ehi, tesoro.» Girai la testa per vedere mia mamma, appoggiata allo stipite della porta della mia camera da letto. Sorrideva, ma i suoi occhi erano pieni di lacrime, e i suoi vestiti erano sgualciti. Stava di nuovo male. Lei stava male ogniqualvolta si attaccava alla bottiglia. «Ho visto che abbiamo dei nuovi vicini», ha continuato. «Li hai conosciuti?.» «No.» Scossi la testa, guardando di nuovo fuori dalla finestra, desideravo che se ne andasse via. «Hanno una ragazza. Non dei ragazzi.» «E non puoi essere amico di una ragazza?» La sua voce si spezzò, e la sentii bere. Sapevo cosa stava per succedere, e il mio stomaco si chiuse. «No, non posso.» Non mi piace parlare con mia mamma. A dire il vero, non sapevo come parlare con lei. Ero molto solo, e lei ne aveva le palle piene di me. «Jared...» iniziò, ma non continuò. Dopo un momento, sentii i piedi sbattere e una porta in fondo al corridoio. Probabilmente andò in bagno a vomitare. Mi mamma beve molto alcol, soprattutto nei fine settimana, e tutto ad un tratto non ho più voglia di incontrare la ragazza bionda della porta accanto. Che cosa mi importava se sembrava cool e le piaceva andare in bicicletta? O che potevo sentire la voce di Alice in Chains provenire dalla sua camera da letto? Almeno credo fosse la sua camera da letto. Le tende erano chiuse. Mi alzai in piedi, pronto a dimenticare tutto ciò per andare a farmi qualcosa da mangiare. Mia mamma probabilmente quella sera non avrebbe cucinato. Ma poi vidi le tende della ragazza aprirsi, e mi fermai. Lei era lì! E quella era la sua stanza! E per qualche ragione sorrisi. Mi piacque che le nostre stanze fossero una di fronte all'altra. Strinsi gli occhi per vedere meglio, quando lei aprì le doppie porte, ma poi li spalancai quando vidi quello che stava facendo. Che cosa? Era pazza? Strattonai la mia finestra e guardai fuori nell'aria notturna. «Ehi.» Gridai verso di lei. «Cosa stai facendo?.» Lei voltò di scatto la testa, e il mio fiato si fermò quando la vidi oscillare sul ramo sul quale stava cercando di bilanciarsi. Le sua braccia si agitarono da un lato all'altro, e io fui subito fuori dalla mia finistra e salii sull'albero dopo di lei. «Stai attenta!» urlai mentre lei si chinava per afferrare il grosso ramo con le mani. Mi arrampicai sull'albero, mentre tenevo stretto il ramo a lato della mia testa per sostenermi. Ragazza stupida. Che cosa stava facendo? I suoi occhi azzurri erano grandi, e lei rimase a quattro zampe tenendo stretto l'albero che si scuoteva sotto di lei. «Non puoi proprio salire sugli alberi da sola,» sentenziai. «Sei quasi caduta. Vieni qui.» Mi chinai per afferrarle la mano. Le mie dita formicolarono istantaneamente, come quando una parte del corpo si addormenta. Si alzò, le sua gambe tremarono, e io strinsi il ramo sulla mia testa, mentre camminavamo entrambi sul tronco. «Perchè l'hai fatto?» Si lamentò dietro di me. «So come arrampicarmi sugli alberi. Mi hai spaventato, e questo è il motivo per cui ho rischiato di cadere.» Guardai verso di lei mentre mi lasciavo cadere sulla parte spessa e interna dell'albero. «Certo che lo era.» E spolverai le mani sui miei lunghi shorts color kaki acceso. Abbassai lo sguardo sulla nostra strada, Fall Away Lane, ma non riuscii a scuotermi di dosso la sensazione della sua mano nella mia. Il ronzio si diffuse dal mio braccio fin su tutto il corpo. È stato come se tutti i capelli mi si fossero rizzati sulla nuca, e io tipo avevo voglia di ridere per il solletichio. Lei si mantenne in piedi per un pò, probabilmente con il broncio, ma dopo pochi secondi prese posto accanto a me. Le nostre gambe penzolavano insieme sul ramo. «Allora,» parlò francamente, indicando la mia casa. «Tu vivi laggiù?» «Già. Con mia mamma,» dissi, e guardai verso di lei giusto in tempo per vedere una lacrima scivolarle dagli occhi, e lei iniziò a giocare con le dita. Sembrò triste per alcuni secondi, ma poi le sue sopracciglia si unirono insieme, e sembrava che stesse cercando di non piangere. Cosa ho mai detto? Era ancora vestita con gli stessi indumenti che le avevo visto in precedenza oggi quando stava scaricando il camion con il padre. Aveva i capelli sciolti, e sebbene avesse dello sporco sui pantaloni, sembrava pulita. Ci siamo seduti lì per un minuto, a fissare la strada, ascoltando il vento frusciare le foglie intorno a noi. Sembrava veramente piccola vicino a me, come se potesse cadere dall'albero da un momento all'altro, incapace di tenersi ad esso. Gli angoli della sua bocca erano rivolti verso il basso, e non sapevo perchè fosse così triste. Tutto quello che sapevo era che non volevo andarmene da nessuna parte fino a quando non si fosse sentita meglio. «Ho visto tuo padre,» iniziai. «Dov'è tua mamma?» Il suo labbro inferiore tremò, e lei mi guardò. «Mi madre è morta in primavera.» I suoi occhi erano pieni di lacrime, ma lei prese dei lunghi respiri, come se stesse cercando di essere forte. Non avevo mai incontrato un bambino che aveva la mamma o il papà morto, e mi sentii male per non gradire mia mamma. «Non ho un papà,» le dissi, cercando di farla sentire meglio. «Se ne andò quando ero un bambino, e mia madre dice che non è un uomo buono. Almeno la tua mamma non voleva lasciarti, giusto?» Sapevo che suonava stupido. Non volevo farlo sembrare come se lei avesse qualcosa di meglio di me. Sentivo la necessità di dirle qualcosa per farla sentire bene. Anche abbracciarla, che era quello che veramente volevo fare adesso. Ma non lo feci. Cambiai discorso. «Ho visto che tuo padre ha una vecchia auto.» Non mi guardò, ma la vidi roteare gli occhi. « È una Chevy Nova. Non solo una vecchia auto.» Sapevo cosa fosse. Volevo vedere se mi avesse risposto. «Mi piacciono le auto.» Mi tolsi le scarpe DC, lasciandole cadere a terra, e lei fece lo stesso con le sue Chuck rosse. I nostri piedi nudi oscillavano avanti e indietro nell'aria. «Ho intenzione di correre al Loop un giorno,» le dissi. I suoi occhi si rianimarono, e si rivolse a me. «Il Loop? Che cos'è?» «È una pista dove vanno i ragazzi grandi. Potremo andare lì quando saremo al liceo, ma dobbiamo avere una macchina. Potrai venire a tifare per me.» «Perchè non posso correre?» Sembrava pazza. Era seria? «Non credo che lascino le ragazze gareggiare,» dissi, cercando di non riderle in faccia. Lei strinse gli occhi e guardò di nuovo la strada. «Farai in modo che loro mi lascino correre.». Gli angoli della mia bocca si alzarono, ma trattenni la risata. «Forse.» Come no. Porse la mano per stingere la mia. «Sono Tatum, ma tutti mi chiamano Tate. Non mi piace Tatum. Capito?» Annui, prendendo la sua mano e sentii di nuovo un impeto di calore diffondersi nel mio braccio.
«Sono Jared.»
 
Capitolo 1
 
Sei anni dopo...
 
Il sangue si riversa sul mio labbro inferiore e sul pavimento come una lunga striscia di vernice rossa. Lasciai che mi riempisse la bocca fino a farla colare giù, dal momento che tutto faceva così dannatamente male, persino per sputare. «Papà, per favore,» ti prego, la mia voce tremava come il mio corpo scosso dai brivid di paura. Mia madre aveva ragione. Lui è un uomo cattivo, e vorrei non averle mai chiesto di passare l'estate con lui. Mi inginocchio sul suo pavimento della cucina, tremante, con le mani legate dietro la schiena. La corda pruriginosa scortica la mia pelle. «Stai implorando, piccola femminuccia?» Ringhia, e sferza di nuovo la mia schiena con la cinghia. Stringo forte gli occhi, sussultando, mentre il fuoco si diffonde attraverso le mie scapole. Chiudo la bocca, cerco di non far rumore, mentre respiro con il naso fino a quando il bruciore svanisce. La pelle sulla mia bocca sembra tesa e gonfia, e il sapore metallico e scivoloso del sangue riempe la mia bocca. Tate.
Il suo viso lampeggia nella mia mente, e io striscio nuovamente dentro la mia testa dove si trova lei. Dove stiamo insieme. I suo capelli biondi baciati dal sole, fluttuano nell'aria, mentre saliamo le roccie intorno allo stagno dei pesci. Mi sono sempre arrampicato dietro di lei nel caso inciampasse. I suoi tempestosi occhi azzurri sorridono verso di me.
Ma mio padre irrompe prepotentemente nei miei pensieri. «Non devi implorare! Non devi scusarti! Questo è quello che ho ottenuto lascinado che una testa di cazzo ti allevasse in tutti questi anni. Nient'altro che un codardo. Questo è ciò che sei ora.» La mia testa viene spinta all'indietro e il mio cuoio capelluto brucia mentre mio padre mi tira i capelli per farmi incontrare i suoi occhi. Il mio stomaco si ribalta quando sento l'odore della birra e delle sigarette nel suo respiro. «Almeno Jax ascolta», stringe di più, e il mio stomaco viene scosso dalla nausea. «Non è vero Jax?», grida da sopra una spalla. Mio padre mi lascia andare e si dirige verso il congelatore in un angolo della cucina e batte due volte sul coperchio. «Sei ancora vivo là dentro?» Ogni nervo sulla mia faccia si tira dal dolore mentre cerco di trattenere le lacrime. Non ho voglia di piangere o gridare, ma Jax, l'altro figlio di mio padre, è nel congelatore da quasi dieci minuti. Dieci minuti interi e non emette un suono! Perchè mio padre sta facendo questo? Perchè punisce Jax quando invece è arrabbiato con me? Ma io restai tranquillo, perchè è così che gli piacciono i suoi figli. Se ottiene ciò che vuole, forse lascerà mio fratello in pace. Deve essere ancora nel congelatore, e non so se ha abbastanza aria. Quanto tempo può sopravvivere una persona nel congelatore? Forse è già morto. Gesù, è solo un ragazzino! Sbatto le palpebre cercando di trattenere le lacrime. Per favore, per favore, per favore... «Allora...» Mio padre si avvicina alla sua ragazza Sherilynn, dai capelli pazzi schiacciati sulla testa, e il suo amico Gordon, un fottutto malvivente leccapiedi che mi guarda strano. Entrambi siedono al tavolo della cucina godendo di qualsiasi droga presente nel menù di oggi. Non prestano la benchè minima attenzione a ciò che sta succedendo ai due ragazzi indifesi nella stanza. «Cosa ne pensate?» Mio padre mette una mano su ciascuna delle loro spalle. «Come stiamo andando nell'insegnare a mio figlio ad essere un uomo?»
 
Mi svegliai di colpo, le pulsazioni battevano incessantemente sul mio collo e la testa. Una goccia di sudore scivolò sopra la mia spalla, e sbattei le palpebre mettendo a fuoco le pareti della mia stanza. Va bene. Ho respirato forte. Non sono qui. Era solo un sogno. Ero nella mia casa. Mio padre non era qui. Gordon e Sherilynn erano ormai lontani. Tutto andava bene. Ma me ne volli assicurare. Le mie palpebre erano fottutamente pesanti, ma mi sedei e ispezionai in fretta la stanza. La luce del mattino entrò attraverso la mia finestra come una tromba d'aria, e portai la mia mano agli occhi per proteggerli dai raggi del sole. La roba sul mio comò era stata spinta a terra, ma non era insolito per me fare un pasticcio quando ero distrutto. Tranne per un pò di disordine, la camera era tranquilla e sicura. Rilasciai fuori un lungo respiro e aspirai di nuovo, cercando di rallentare i battiti del mio cuore mentre continuavo a guardare a destra e sinistra. Fino a quando non feci un giro completo della stanza, i miei occhi si posarono finalmente sul rigonfiamento accanto a me sotto le coperte. Ignorando il dolore agli occhi a causa dell'alcol ingerito la sera prima, tirai indietro la coperta per vedere quanto ero stato stupido o ubriaco da far passare la notte a casa mia ad una ragazza. Grande. Un'altra bionda cazzo. A che diavolo stavo pensando? Le bionde non erano il mio genere. Mi sono sempre sembrate brave ragazze. Non sensuali o anche solo lontanamente interessanti. Troppo pure. Sembrava tipo la ragazza della porta accanto. E chi davvero la voleva quella? Ma negli ultimi giorni da quando gli incubi erano ricominciati di nuovo, tutto quello che avevo voluto erano le bionde. Era come se le avessi rimorchiate per autodistruggermi su quella bionda che amavo a tal punto da odiare. Ma... dovetti ammettere che la ragazza era calda. La sua pelle sembrava liscia, e aveva delle belle tette. Credo che mi avesse detto qualcosa circa l'essere a casa per l'estate dall'università di Purdue. Non penso di averle detto che avevo sedici anni e che frequentavo ancora il liceo. Forse le sarei balzato a dosso quando si fosse svegliata. Solo per farmi prendere a calci. Appoggiai la testa all'indietro, provavo troppo dolore anche per sorridere e immagginarla ad andare fuori di matto. «Jared?» Bussò mia madre, e tirai su la testa rabbrividendo. La testa mi pulsava come se qualcuno ci avesse conficcato una forchetta per tutta la notte, e non volevo occuparmi di lei in quel momento. Ma sono saltato giù dal letto comunque, e mi diressi verso la porta prima che la ragazza accanto a me si muovesse. Aprii solo un pò la porta, e guardai mia madre con la stessa pazienza che ero riuscito a raccogliere. Indossava dei pantaloni della tuta rosa e una maglietta a maniche lunghe bella aderente per la domenica, ma in realtà come al solito, dal collo in sù era un disastro. Aveva i capelli raccolti in uno chignon, e il trucco del giorno prima era tutto sbavato sotto gli occhi. La sua sbornia probabilmente rivaleggiava con la mia. L'unico motivo per cui era in piedi e riusciva a muoversi era perchè il suo corpo ne era dannatamente abituato. Quando era sobria, però, si poteva vedere quanto in realtà fosse giovane. Quando la maggior parte dei miei amici, guardandola, pensavano fosse mia sorella. «Che cosa vuoi?» Chiesi. Pensavo mi stesse facendo aspettare per farla entrare, ma ciò non accadde. «Tate parte.» La sua voce era dolce. Il mio cuore iniziò a martellarmi nel petto. Che giorno era? E all'improvviso era come se una mano invisibile mi avesse aperto lo stomaco, e sussultai per il dolore. Non sapevo se fosse la sbornia o il promemoria della sua partenza, ma strinsi i denti per ricacciare giù la bile. «Allora?» Mormorai, sovraccaricato nei suoi confronti. Lei alzò gli occhi verso di me. «Così, ho pensato che potresti alzare il culo e andarla a salutare. Lei starà via un anno intero, Jared. Eravate amici una volta.»
Sì, fino a due anni fa... L'estate prima del mio anno di matricola, ero andato a trovare mio padre e tornato a casa realizzai di essere solo. Mia madre era debole, mio padre era un mostro, e Tate non era un'amica, dopo tutto.
 

Che cosa ne pensate? Quante di voi attendono con ansia la pubblicazione di questo romanzo? Io sono un pò prevenuta, perchè il primo volume non mi ha conquistata, ma a furia di tradurre delle scene di questa serie inizio a rivedere il mio giudizio. Forse più avanti rileggerò "Mai per amore" e vedrò se qualcosa è cambiato. Staremo a vedere!
Ps: se trovate errori di battitura non esitate a comunicarmeli!!!! Ahahahh
Nel frattempo vi auguro una buona giornata
Ilaria

2 commenti:

  1. ciao ila!!!
    mamma miaa lo voglio leggere adesso ... ho sempre pensato che Jared era un personaggio più interessante di Tate,,,,, quindi sono molto curiosa di leggere il suo punto di vista... quest estratto mi ha solo reso impaziente ahhahah!

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    1. Non puoi capire quanto tempo ho impiegato a tradurlo. E prima di pubblicarlo l'ho anche fatto controllare dal mio ragazzo. ahahhaha poverino! Quanto ci metterà a mandarmi a quel paese?? :O

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